Il concetto di green IT abbraccia l’insieme di scelte tecnologiche e organizzative che riducono l’impatto ambientale dei sistemi informativi, come data center, reti e software. Diventa quindi un argomento che riguarda l’intero ciclo di vita del reparto, dall’energia consumata alle apparecchiature dismesse.
Quando si esternalizzano sviluppo, applicazioni e infrastrutture, il green IT diventa un fattore determinante nelle decisioni di outsourcing. È importante considerare dove si trova il data center, quale sia la sua efficienza energetica, quanta energia rinnovabile utilizza e come gestisce i rifiuti elettronici. Le risposte a tali domande influenzano i costi, la conformità alle normative e gli obiettivi ESG.
Perché il green IT è diventato centrale nell’outsourcing
Recentemente, tre elementi chiave hanno portato il green IT a occupare una posizione di rilievo.
Il primo è il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza: 191,5 miliardi di euro complessivi, con intere linee dedicate alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e alla transizione ecologica. In pratica, una parte non insignificante degli investimenti digitali è vincolata a criteri di efficienza energetica e riduzione delle emissioni.
Il secondo è il quadro normativo europeo. La direttiva CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) estende l’obbligo di rendicontazione di sostenibilità a decine di migliaia di aziende europee. Non è quindi più sufficiente limitarsi a pubblicare un bilancio facoltativo, ma è necessario quantificare e comunicare l’impatto ambientale dei fornitori lungo l’intera catena del valore, inclusi i fornitori di servizi IT.
Il terzo riguarda la normativa specifica sui data center. La direttiva UE 2023/1791 sull’efficienza energetica introduce obblighi di monitoraggio per le infrastrutture che superano una certa soglia di potenza del reparto IT, con l’invio periodico di dati su consumi ed efficienza a una banca dati europea. L’outsourcing non cancella questo impatto, ma consente di spostarlo su strutture che devono renderlo misurabile.
Scegliendo un partner di outsourcing occorre valutare attentamente se affidarsi a un’infrastruttura che agevola la conformità normativa e la raccolta di dati ESG, oppure a una che potrebbe rendere più complesso il lavoro negli anni successivi.
Come valutare l’impatto ambientale di un data center
Quando un’azienda valuta servizi in cloud o in outsourcing, il dibattito si focalizza spesso sull’ubicazione dei dati. Tuttavia, dal punto di vista del green IT, è fondamentale considerare tre aspetti principali: il consumo energetico del data center, la percentuale di energia effettivamente utilizzata dai server e la quota di energia proveniente da fonti rinnovabili.
Per valutare l’efficienza energetica di un data center, si ricorre al PUE (Power Usage Effectiveness), un indicatore che rappresenta il rapporto tra l’energia totale consumata e quella effettivamente utilizzata dai server. Un valore di PUE pari a 1,0 indicherebbe un’ottimale assenza di sprechi, con tutta l’energia destinata ai sistemi IT. Tuttavia è comune riscontrare valori attorno a 1,8, mentre i data center più all’avanguardia riescono a raggiungere valori prossimi a 1,1.
In aggiunta, è fondamentale considerare la percentuale di energia rinnovabile utilizzata. Un’infrastruttura che alimenta i propri sistemi con una quota significativa di fonti rinnovabili contribuisce in modo diretto alla diminuzione delle emissioni associate all’esecuzione delle stesse applicazioni, mantenendo costante il carico di lavoro.
In Italia la capacità dei data center continua a espandersi e una quota significativa dell’energia impiegata proviene già da fonti rinnovabili. Ciò implica che, optando per fornitori che investono in efficienza e in un mix energetico sostenibile, il green IT si configura come uno strumento efficace per diminuire l’impronta di carbonio, senza compromettere la scalabilità caratteristica dell’outsourcing.
Infrastrutture di green IT per un outsourcing IT sostenibile
Nel contesto del green IT applicato all’outsourcing, il primo aspetto da considerare è l’infrastruttura che supporta le applicazioni e i dati. Le decisioni progettuali relative ai data center hanno un impatto diretto sui consumi energetici e sulle emissioni associate ai servizi IT esternalizzati.
Recupero del calore dai data center
Un data center converte l’energia elettrica in calore, oltre che in dati di elaborazione. Nelle configurazioni tradizionali, questo calore viene disperso nell’ambiente, spesso attraverso sistemi di raffreddamento ad alto consumo energetico. I progetti più all’avanguardia scelgono di recuperare questo calore, reindirizzandolo verso reti di teleriscaldamento.
In vari contesti italiani, questa soluzione permette di riutilizzare annualmente una significativa quantità di energia termica, sufficiente a soddisfare il fabbisogno di migliaia di abitazioni e a ridurre le emissioni di CO₂. Ciò significa che una parte dell’energia consumata per erogare i servizi IT non viene sprecata, ma rientra nella filiera sotto forma di calore riutilizzato invece di disperdersi all’esterno.
Sistemi di accumulo per una gestione più efficiente dell’energia
I sistemi di accumulo a batteria (BESS) permettono ai data center di immagazzinare energia elettrica e di usarla quando serve. Oltre a fungere da riserva energetica, spostano i consumi verso fasce orarie con minore richiesta o maggiore disponibilità di energia rinnovabile.
Con una gestione ben progettata, questi sistemi riducono la dipendenza da generatori tradizionali e contribuiscono a tagliare in modo significativo le emissioni associate ai carichi di lavoro. Per chi utilizza servizi in outsourcing, è un elemento da tenere in considerazione quando si confrontano più fornitori a parità di funzionalità.
Raffreddamento avanzato e consolidamento dei carichi
Il sistema di raffreddamento costituisce un elemento fondamentale nel contesto delle infrastrutture IT. In scenari caratterizzati da carichi ad alta densità, in particolare quelli associati all’intelligenza artificiale, i tradizionali sistemi di raffreddamento ad aria iniziano a rivelare i loro limiti. Le soluzioni di raffreddamento a liquido ottimizzano la gestione termica e riducono il consumo energetico per i server.
In aggiunta, si può ottimizzare il consolidamento dei carichi, aumentando la densità delle macchine virtuali o dei container, il che consente di diminuire il numero di server fisici richiesti per fornire gli stessi servizi. Negli ambienti in cui questa strategia viene applicata in modo sistematico, i consumi complessivi possono diminuire in modo sensibile, pur mantenendo la stessa capacità di elaborazione.
La scelta di un partner di outsourcing riflette la capacità dell’infrastruttura di gestire l’impatto ambientale dei servizi IT e il potenziale per migliorare l’efficienza energetica nel tempo.
AI, consumi energetici e green coding
L’AI è una delle componenti più energivore del panorama digitale. Stime recenti indicano un consumo di energia nell’ordine delle decine di miliardi di kWh all’anno per l’addestramento e l’uso dei modelli di intelligenza artificiale, con curve in forte crescita. Una parte consistente di questo consumo riguarda la fase di uso quotidiano dei modelli, non solo il training iniziale.
Da un lato, la ricerca sta lavorando su metodi per rendere l’addestramento più efficiente, riducendo il numero di operazioni necessarie senza compromettere l’accuratezza. Dall’altro, il green coding si concentra sulla scrittura di software più efficiente, riducendo risorse e calcoli superflui.
Per chi esternalizza lo sviluppo di sistemi AI, è importante considerare sia l’infrastruttura del provider sia l’ottimizzazione del software. Il green IT va oltre il costo energetico del data center, includendo anche la qualità del codice e delle pipeline di machine learning.
Economia circolare e fine vita dell’hardware
Un elemento spesso sottovalutato del green IT riguarda il modo in cui vengono gestiti i server, lo storage e i dispositivi di rete una volta concluso il loro ciclo di vita. La direttiva WEEE, insieme al suo recepimento in Italia, stabilisce responsabilità specifiche riguardanti la raccolta, il trattamento e il recupero dei rifiuti elettronici.
L’Italia ha conseguito una percentuale di riciclo dell’83,7% per i rifiuti elettronici, con un tasso di recupero totale (incluso il recupero energetico) prossimo al 90%. Nel contesto dei data center, si stima un potenziale di oltre 147.000 tonnellate annue di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (RAEE), con opportunità di recupero di metalli e materiali rari quali tantalio e cobalto.
Se l’outsourcing include la gestione dell’hardware, il fornitore può garantire la conformità alla normativa WEEE e gestire il riciclo e il riutilizzo delle attrezzature rigenerate. In effetti, una porzione significativa dell’economia circolare digitale si sviluppa in questo ambito.
Criteri concreti per scegliere un partner di outsourcing green
Strumenti come EcoVadis e framework di valutazione ESG vengono già usati per attribuire un rating di sostenibilità ai fornitori. Nel caso del green IT applicato all’outsourcing, alcuni criteri ricorrenti sono:
- PUE del data center e andamento nel tempo;
- percentuale di energia rinnovabile utilizzata;
- presenza di certificazioni ambientali e di gestione dell’energia;
- politiche WEEE e dati su raccolta e recupero dei rifiuti elettronici;
- disponibilità di dati di carbon footprint associati ai servizi erogati.
La CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) rende questi dati ancora più autorevoli, poiché obbliga le aziende a rendicontare l’impatto ambientale tenendo conto anche dei fornitori della filiera. In pratica, un contratto di outsourcing IT non si limita più a rappresentare livelli di servizio e penali, ma può includere anche indicatori ambientali come parte degli SLA o degli obiettivi condivisi.
Green IT, nearshoring e modelli di delivery
Un ulteriore elemento che connette il green IT all’outsourcing è rappresentato dalle modalità operative dei fornitori di servizi. I modelli di lavoro remoti o ibridi riducono spostamenti e consumo energetico, abbattendo le emissioni di carbonio.
Quando i team in outsourcing lavorano in modo distribuito, i benefici ambientali si uniscono a quelli delle infrastrutture più efficienti. Si elabora così un modello in cui la posizione del team e il tipo di data center rivestono un ruolo fondamentale; queste componenti, unite alle pratiche di green IT, collaborano per ottimizzare lo sviluppo e la gestione, contribuendo a ridurre l’impatto energetico e le emissioni.



