• Debito tecnico: cause, segnali e strategie di riduzione

Il debito tecnico è una realtà con cui sviluppatori e team IT si devono confrontare quotidianamente, e che può fare la differenza tra un prodotto ben funzionante e uno bloccato da problemi continui. Questo debito si accumula ogni volta che si privilegia la velocità alla qualità, lasciando “buchi” nel codice che andranno necessariamente colmati più avanti.

Spesso si preferisce rilasciare una nuova funzionalità in tempo per un evento, oppure si accetta di adattare troppo velocemente una richiesta urgente. Ma questi compromessi, accumulati nel tempo, presentano un conto che non pesa solo sul team di sviluppo: rallentamenti, bug ricorrenti e sviluppatori sovraccaricati possono frenare la crescita dell’azienda.

Come si accumula il debito tecnico

Il concetto di debito tecnico, introdotto da Ward Cunningham, vuole descrivere il “costo futuro” di eventuali scorciatoie adottate per velocizzare lo sviluppo.

In pratica, si tratta di un debito di qualità: scegliere una soluzione rapida oggi può implicare investimenti successivi per sopperire alle complessità che emergeranno domani. Ma come si crea questa situazione nel ciclo di vita di un’azienda? Le cause sono molteplici e spesso correlate fra di loro:

  • Scadenze e urgenze continue: sotto la pressione di dover consegnare il prodotto finale in tempi sempre più rapidi, i team tendono a scendere a compromessi. Le funzionalità implementate in fretta per rispettare una deadline stringente possono basarsi su un codice “provvisorio”, che diventa però poi parte integrante del software.
  • Mancanza di pulizia e di test: se il codice cresce aggiungendo sempre più feature, senza essere mai “messo in ordine”, i difetti si stratificano. L’assenza di test automatici non fa altro che aggravare la situazione, poiché ogni modifica è priva di basi solide e può implicare conseguenze significative. È il classico caso in cui la stessa correzione di un bug ne causa altri, alimentando un ciclo infinito di errori. Se queste correzioni vengono continuamente rimandate, il debito si accumula a dismisura e rende lo sviluppo sempre più lento e imprevedibile.
  • Cambi di requisiti e crescita rapida: in una startup è normale cambiare direzione in fretta. Tuttavia, ogni pivot o nuova integrazione “incollata” in modo approssimativo può rendere obsoleto il codice scritto appena pochi mesi prima. Componenti una volta adeguati diventano colli di bottiglia man mano che il prodotto si sviluppa, specialmente se nel frattempo il team originale è cambiato. Un alto turnover di sviluppatori significa che chi arriva eredita moduli poco documentati e decisioni tecniche di cui non conosce il contesto. In questo modo, si aggiungono workaround su workaround perché nessuno sa esattamente come funzioni quella parte di codice”, aumentando l’entropia.
  • Comunicazione e conoscenza frammentata: il debito tecnico può essere dovuto anche alla mancanza di coordinamento. Requisiti poco chiari o modifiche decise senza confrontarsi con il resto del team portano a implementazioni scorrette che vanno riviste da zero. Allo stesso modo, se l’azienda adotta nuove tecnologie senza formare adeguatamente il team, l’assenza di competenze può portare a soluzioni non ottimali che dovranno essere riprese in seguito.

Il debito tecnico si accumula ogni volta che si dà precedenza al rilascio immediato rispetto alla solidità a lungo termine. All’inizio può sembrare una scelta strategica, ma più si sceglie di procrastinare, più il debito cresce con interessi altissimi.

Quando il debito tecnico diventa un problema

Un certo livello di debito tecnico è fisiologico. Nel momento in cui diventa ingestibile, però, rallenta sia il processo di sviluppo che l’intera organizzazione: se i bug iniziano a ripresentarsi a ogni release, le nuove funzionalità rendono inutilizzabili quelle preesistenti e il team smette di generare valore, limitandosi a tamponare le emergenze, significa che il problema è strutturale.

In assenza di test affidabili e processi stabili, anche la consegna finale del prodotto diviene poco prevedibile, con conseguenze dirette sulla fiducia degli stakeholder. In più, c’è da considerare l’impatto sul team: un codice ingestibile logora chi ci lavora ogni giorno e si ritrova a dover intervenire su bug e inefficienze, perdendo stimoli ed entusiasmo.

Strategie per ridurre il debito tecnico

Affrontare il debito tecnico non significa bloccare tutti i progetti finché il codice non è perfetto, sarebbe impraticabile. L’obiettivo è piuttosto quello di ridurlo gradualmente, integrando le attività di “rimborso” nel normale workflow e prevenendo accumuli futuri. Ecco alcune strategie pratiche per tenere sotto controllo il debito tecnico e migliorare la qualità del software, continuando comunque a rilasciare nuove funzionalità.

Refactoring continuo e riscritture mirate

La prima regola è quella di dare tanta priorità alla manutenzione quanto alle altre attività, senza rimandarla all’infinito. Il debito tecnico va “pagato a rate”: conviene dedicare un po’ di tempo in ogni sprint o periodo di sviluppo per migliorare il codice esistente, anziché intervenire in caso di crisi. Ad esempio, molte aziende praticano refactoring sprints o hardening sprints periodici, in cui il team si concentra solo sulla pulizia del codice, l’eliminazione di code smell e i miglioramenti architetturali. Un approccio del genere evita di dover poi chiedere mesi di stop allo sviluppo: il miglioramento avviene in parallelo.

Certo, non tutto si può risolvere step by step. A volte, parti di sistema sono talmente compromesse che l’unica soluzione è riscriverle dall’inizio. Anche in questi casi, è meglio procedere per gradi, se possibile. Ad esempio, si può optare per un approccio modulare e rimpiazzare i componenti isolati uno alla volta, con feature flag o adattatori, anziché rifare tutto in una sola volta. Un classico pattern è quello dello strangler fig, sviluppando il nuovo modulo accanto al precedente e reindirizzando gradualmente il traffico fino a quando la versione obsoleta non è più necessaria. In tal modo, si riduce il rischio di lunghe pause nell’attività di sviluppo.

Test automatici e qualità del codice

Come accennato in precedenza, senza test automatici, ogni modifica si trasforma in un rischio. I test (unitari, di integrazione, end-to-end) intercettano le regressioni prima che arrivino in produzione, rendendo il refactoring molto meno pericoloso. Investire in una buona copertura automatica è l’unico modo per far evolvere il codice senza accumulare instabilità.

Anche la revisione regolare del codice e la definizione di standard condivisi aiutano a ridurre complessità e duplicazioni, insieme alla redazione della documentazione essenziale: un codice leggibile previene errori futuri.

Automazione dei processi

Un’altra strategia per ridurre il debito tecnico è automatizzare il più possibile i processi di sviluppo e deploy. Quando build, test e deployment sono manuali o artigianali, ogni rilascio può introdurre variazioni non previste e i team spesso accumulano script temporanei, config nascoste e passaggi che col tempo diventano debito. Implementare una pipeline CI/CD (Continuous Integration/Continuous Deployment) robusta elimina queste situazioni: il codice viene integrato di frequente, testato automaticamente e distribuito con procedure ripetibili. La CI/CD funziona da argine: se una modifica fa fallire i test, la pipeline si ferma, obbliga a una correzione immediata e semplifica l’individuazione del problema.

Oltre al deploy, l’automazione può riguardare la configurazione dell’infrastruttura, il monitoraggio e l’alerting (per intercettare anomalie di performance o errori prima che diventino incidenti gravi) e la migrazione di dati o schemi. Tutto ciò che è automatizzato e scriptato tende a generare meno debito, essendo documentato nel codice stesso e ripetibile a richiesta.

Ogni miglioramento al flusso di lavoro che riduce gli interventi manuali, standardizza le operazioni e offre feedback rapidi al team aiuta a mantenere il debito tecnico sotto controllo. Non a caso, le aziende leader investono molto in DevOps, ottenendo uno sviluppo più fluido.

Gestire il debito tecnico con un team esterno

Ridurre il debito tecnico richiede tempo e competenze non sempre posseduti dal team interno, soprattutto se è impegnato a sviluppare funzionalità core. Ecco perché l’outsourcing (o un partner tecnologico esterno specializzato), può essere un enorme supporto per accelerare l’ottimizzazione del software, senza dover fermare il rilascio di nuove feature.

Un team esterno, se ben integrato, può agire come forza tecnica dedicata alla riduzione del debito, senza interrompere lo sviluppo delle funzionalità principali. Il suo contributo può essere articolato in più direzioni:

  • Ambito legacy: nelle aziende, buona parte del debito tecnico risiede in moduli legacy, scritti magari con stack obsoleti o da team non più presenti. Un partner esterno esperto può farsi carico della manutenzione e innovazione dei componenti datati, liberando il team interno dall’onere di doverci mettere mano continuamente. Ad esempio, dedicare un team di consulenti ad hoc su una vecchia applicazione permette di alleggerire il debito nelle aree critiche.
  • Refactoring in parallelo allo sviluppo attivo: una delle difficoltà maggiori nel ripagare il debito tecnico è trovare il tempo per farlo. Se lo sviluppo impatta direttamente sui risultati del business, spesso non ci si può permettere di fermarsi per il refactoring. Un partner esterno risolve questo dilemma, inserendosi come risorsa aggiuntiva dedicata alla riduzione del debito, mentre i developer interni proseguono con le feature core. In pratica, l’azienda continua a innovare verso l’esterno, mentre dietro le quinte il team esterno lavora per stabilizzare e migliorare la base di codice. Questo modello consente di ridurre i blocchi senza dover mettere in pausa lo sviluppo.
  • Introduzione di best practice e competenze specialistiche: spesso il debito tecnico si accumula anche perché al team originario mancavano alcune competenze o best practice. Un buon partner porta non solo “mani in più”, ma anche occhi privi di bias e un know-how aggiornato. Immagina di affiancare agli sviluppatori interni qualcuno abituato a lavorare con architetture scalabili, pipeline CI/CD, testing avanzato: oltre a sistemare il codice, queste figure possono istruire il team IT, condividendo metodologie più efficaci.
  • Flessibilità e costo-efficacia: affidarsi a consulenti o developer in outsourcing per una “campagna” di riduzione del debito tecnico è spesso più agile ed economico che provare a farlo solo con risorse interne. Infatti, un partner qualificato possiede già gli strumenti e i processi per affrontare queste situazioni e può scalare l’effort in base alle specifiche esigenze. Invece di assumere nuovi sviluppatori full-time specializzati (con i costi e i rischi del caso), si può ingaggiare un team esterno mirato per il periodo necessario, ottenendo risultati rapidi. Molte realtà, dalle startup alle grandi multinazionali, hanno seguito questa strada: diversi casi di successo mostrano che aggiungere team esterni qualificati ha permesso loro di accelerare sul prodotto senza rimanere sommersi dal debito tecnico. L’importante è scegliere partner affidabili, che sappiano collaborare con il team interno in modo trasparente.

Un partner in outsourcing può quindi fungere da “task force” anti-debito tecnico, permettendo di rimettere in carreggiata i progetti rallentati dal debito, senza distogliere completamente la forza lavoro aziendale dalle attività principali.

Così facendo, il codice migliora, il prodotto diventa più stabile e scalabile e il team interno si può concentrare sull’innovazione. Ovviamente, ciò non significa delegare tutto e “dimenticarsi” del problema: la gestione del debito tecnico resta una responsabilità condivisa da attenzionare nel tempo.

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